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Le Gallerie dell’Accademia si trovano ai piedi dell’omonimo ponte e comprende gli edifici e chiese  scomunicate da Napoleone: la chiesa di Santa Maria della Carità, il convento dei Canonici Lateranensi e la Scuola Grande di Santa Maria della Carità. Negli ultimi anni il complesso è stato ampliato nella vicina Casa degli Incurabili.

La nascita del complesso comincia a seguito del Decreto Napoleonico del 1807, che diede seguito alla chiusura, di cui alcune abbattute, di circa 40 chiese, 200 edifici di culto, monasteri e conventi, tra cui quelle attualmente utilizzate per la mostra.

I tesori più preziosi e belli furono trasferiti in Francia, mentre quelli artisticamente inferiori furono destinati alle Gallerie dell’Accademia, quale unico luogo per la custodia e per ammirarne la bellezza.

L’opera più famosa delle Gallerie è l’ Uomo Vitruviano di Leonardo da Vinci, esposto solo in concomitanza di occasioni particolari e fortunatamente non trafugato dalle truppe Napoleoniche. Sono inoltre esposti numerosi disegni e sculture, la migliore collezione di arte veneziana e veneta, con dipinti del periodo che va dal XIV al XVIII secolo. Tra gli artisti troviamo: Tintoretto, Tiziano, Canaletto, Veronese, Guardi, Giorgione, Giovanni Bellini, Carpaccio, Cima da Conegliano, ecc. Le Gallerie sono talmente ricche di opere d’arte che vi suggeriamo di dotarvi di una guida per orientarvi meglio.

  • L’Uomo Vitruviano: è tra le opere più famose di Leonardo da Vinci ma purtroppo è esposto solo in occasione di grandi mostre. La sua raffigurazione è presente anche nella moneta di 1 euro coniate in Italia.
  • Convito in casa di Levi: dipinto su olio di Paolo Veronese del 1573. Rappresenta l’ultima cena di Gesù in un antico e sfarzoso palazzo e famoso per aver sollevato le ire degli ecclesiastici per la presenza di buffoni, ubriaconi, nani, ecc. L’opera è di dimensioni notevoli (5,5metri x 13 metri di lunghezza) e proviene dal Convento Domenicano di Santi Giovanni e Paolo

È un bel punto per affacciarsi al Canal Grande con vista su un tratto del lato Nord. Per la sua creazione e permettere al Doge si recarsi nelle vicina Chiesa, abbattuta nel 1813,  è stato demolito un palazzo.

PALAZZO VENIER DEI LEONI – PEGGY GUGGENHEIM

E’  un palazzo del XVIII secolo affacciato sul Canal Grande. Il progetto originario degli architetti Palladio e Longhena prevedeva un edificio a più piani di stile rinascimentale e barocco, ma non trovò compimento per problemi economici della famiglia Venier e la costruzione si fermò ad un solo piano.

Nel 1948 Peggy Guggenheim acquistò il palazzo facendolo diventare ben presto a una preziosa collezione di arte contemporanea: la Peggy Guggenheim Collection. Internamente al palazzo sono visitabili gli arredi dell’appartamento di Peggy Guggenheim , mentre la collezione ospita più di trecento opere d’arte di artisti contemporanei come Picasso, De Chirico, Ernst (marito di Peggy Guggenheim), Kandinskij, Magritte, Pollock, Chagall, Giacometti e Duchamp facendolo diventare il secondo museo d’arte più visitato di Venezia (dopo l’Accademia delle Belle arti).

Leggenda sul nome del Palazzo: la leggenda dice che per dimostrare sfarzo e potere, la famiglia Venier custodiva un leone in giardino. A testimonianza sono presenti due elementi scultorei sulla facciata.

Punto panoramico: salite sulla terrazza ed ammirate il panorama sul bacino San Marco e l’ultima parte del Canal Grande.

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Il suo nome completo è Chiesa di Santa Maria della Salute e si trova situata in uno dei posti più panoramici di Venezia.

La sua costruzione è dovuta ad un voto alla Madonna da parte del Patriarca Giovanni Tiepolo per la liberazione dalla peste che tra il 1630 e il 1631, portata da un ambasciatore del Duca di Mantova ma che riuscì ad infettare un falegname veneziano, espandendo la peste ai veneziani. Durante questo periodo persero la vita 90.000 abitanti, che rappresentavano un terzo della popolazione, 500.000 persone nelle colonie veneziane; tra i deceduti ci sono anche il doge e il Patriarca.

Il progetto della nuova chiesa fu messa a concorso e il vincitore fu Baldassarre Longhena, di appena 26 anni. Per l’imponente struttura furono necessari impiantare 100.000 pali e la demolizione della chiesa della Santissima Trinità.

La chiesa è una della maggiori espressioni del barocco veneziano ed è dedicata a Maria, pertanto sono ricorrenti i suoi riferimenti.

E’ la chiesa molto amata da i veneziani, che ricordano annualmente con la festa della Beata Vergine della Salute che si festeggia il 21 Novembre. In tale occasione viene costruito un il ponte votivo temporaneo fatte di barche, necessario per far oltrepassare il Canal Grande ai pellegrini.

Simbologia Mariana: la chiesa ha la forma ottagonale in ricordo della stella mariana a otto punte, con la pianta centrale che ricorda il grembo. In centro della chiesa è riportata la scritta “Unde Origo, inde salus”, che significa: “Da dove è venuta l’origine, da lì viene la salvezza“. La cupola simboleggia la corona e le rose cilindriche ricordano il rosario Mariano. 

Denominato anche Punta della Salute o Punta da Màr è la zona in cui confluiscono il Canal Grande e il Canale della Giudecca, con una vista spettacolare sul bacino di San Marco. La struttura a pianta triangolare è del XVII secolo ed è sovrastata dalla scultura con 2 atlanti con sfera in bronzo dorato, a raffigurare il mondo. La statua è rotante ed indica la direzione del vento anche se, secondo alcuni storici, simboleggia la fortuna, che potrebbe girare.

Il proprio nome identifica che ai tempi della Serenissima veniva utilizzato come sede doganale per le merci e i beni oggetto del commercio navale. Oggigiorno, dopo pesanti interventi di restauro progettati da Tadao Ando, è un centro d’arte contemporanea finanziato dal francese Francois Pinault e collegato a Palazzo Grassi.

In Punta della dogana è presente una delle stazioni mareografiche, necessario per rilevare il livello delle maree.

Punto panoramico: è il punto migliore per ammirare il bacino San marco con il Palazzo Ducale, Riva degli Schiavoni, isola di San Giorgio e Giudecca.

E’ la fondamenta che va dalla Stazione Marittima a San Basilio fino a Punta della Dogana, percorrendo il Canale della Giudecca. E’ una riva molto soleggiata ed è una meta tradizionale per le passeggiate dei veneziani.

Il suo nome deriverebbe in quanto era la destinazione di carbone, legname, sale e altro materiale, tutto trasportato su zattere. A testimonianza sono tuttora presenti i depositi per lo stoccaggio di materiale come i Magazzini del sale verso Punta della Dogana. 

Punto panoramico: fate una passeggiata lungo le zattere e mangiate un gelato “gianduiotto”

Erano i depositi per lo stoccaggio del sale, sotto la gestione diretta del monopolio della Repubblica che rappresentavano una somma considerevole per le entrate fiscali.

Attualmente gli edifici sono adibiti a rimessaggio di piccole imbarcazioni di Associazioni Remiere , strutture espositive di arte e con l’esposizione stabile di opere di Emilio Vedova, pittore veneziano. Alcuni locali sono aperti per l’esposizione della Biennale di Arte Moderna.

Lo squero veneziano è il tipico cantiere navale dove si costruiscono e si riparano imbarcazioni a remi di qualsiasi dimensione. Lo squero di San Trovaso, uno degli ultimi rimasti ancora attivi, è del XVII secolo.

Punto fotografico: Fermatevi a fare una fotografia dalla fondamenta opposta. Se siete fortunati riuscite a vedere la manovalanza al lavoro.

Come si costruisce una gondola? : La costruzione di una gondola è molto complessa e sotto la coordinazione del maestro d’ascia “Squerarol“, coinvolge diverse maestranze artigiane: il “remer” intaglia le forcole e remi, il “fabro” si occupa degli ornamenti metallici, l’“intagiator” si occupa degli intagli lignei decorativi e il “tapesier” prepara le cuscinerie.

I legni utilizzati sono di 8 essenze diverse (mogano, olmo, noce, tiglio, larice, ciliegio, abete e quercia), opportunamente essiccate per almeno un anno e con l’assemblaggio e impeciatura che dura parecchi mesi. Il processo è talmente lungo e complesso che sono necessari circa 3 mesi per la costruzione, la definizione dei dettagli e il varo della nuova gondola.

Ma le gondole non sono sempre state come adesso le vediamo. Quelle attuali frutto di un Decreto del 1562, il quale stabili che  dovessero essere tutte nere, lunghe circa 10,87 metri, larghe circa 1,42metri. Tutte le gondole dovevo presentare a prua il cosiddetto “fero”, la cui simbologia è descritta nella pagina fero-de-prua-gondola

Il palazzo si affaccia sul Canal Grande e venne costruito per volontà della Famiglia Bon, la quale affidarono la progettazione a Baldassarre Longhena. Ma il progetto era così maestoso che i costi della costruzione furono talmente elevati che i lavori si bloccarono. Nel 1750 il palazzo venne acquistato da Giambattista Rezzonico, padre del pontefice Clemente XIII,  il quale terminò i lavori affidandoli a Giorgio Massari. La dinastia dei Rezzonico non durò a lungo e nel 1935 il palazzo venne acquistato dal Comune di Venezia e trasformato in Museo del Settecento Veneziano. All’interno oggi sono presenti dipinti, arredi, oggetti di vita quotidiana, affreschi provenienti da altri palazzi cittadini.

Come tutti i grandi palazzi della nobiltà veneziana , l’accesso principale dell’edificio era quello sul Canal Grande, attraverso la monumentale porta d’acqua ma l’accesso al pubblico avviene attraverso un piccolo ed anonimo passaggio da Campo San Barnaba. Il percorso museale inizia dal grande scalone d’onore progettato da Giorgio Massari. Al primo piano sono esposti dipinti, sculture, arredi, affreschi e altre opere del settecento veneziano. Mentre al secondo Piano sono presenti due tele giovanili del Canaletto raffiguranti il Canal Grande, gli affreschi staccati dalla Villa Zianigo eseguiti da Giandomenico Tiepolo, opere raffiguranti la vita quotidiana di Venezia di Francesco Guardi e opere di Pietro Longhi. Al terzo piano, infine, oltre ai di tre ambienti della ricostruzione della Farmacia Ai do San Marchi, con preziose ceramiche e vetreria, è ospitata la preziosa Pinacoteca Egidio Martini e la collezione  Mestrovich.

Punto Panoramico e museo: visitare il museo della storia veneziana e godere del bel panorama sul Canal Grande.

Oggi è il campo destinato alle serate universitarie ma l’aspetto del campo è estremamente mutato nei secoli. Fino a metà ottocento (occupazione austrica) era presente il Rio della Scoazzera (immondizie) che collegava il Campo San Barnaba a Rio di Ca’Canal, successivamente è stato interrato per questioni igieniche.

Campo Santa Margherita

Per questa ragione il campo Santa Margherita non presenta palazzi signorili. Tuttavia sono da segnalare:

Scuola dei Varoteri:  dal 1723 era la sede della Confraternita dei conciatori di pelle, dopo trasferimento dalla vecchia sede presso la chieda dei Crociferi e si presenta come un edificio isolato in mezzo al campo.

Scuola Grande dei Carmini (Scuola Grance Arciconfraternita di Santa Maria del Carmelo): è stata fondata nel 1594 ed era la sede dell’Ordine dei Carmelitani. E’ l’ultima “scola magna” riconosciuta dal Consiglio dei Dieci (1767) ed oggi è ancora attiva.

Scuola Grande dei Carmini: un inestimabile patrimonio di arte e storia, con la bellissima cappella in stile barocco e l’adiacente sagrestia con i suoi stucchi. Sono presenti tele di Giambattista Tiepolo e magnifiche sale.

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Il ponte collega Campo Santa Margherita a Campo di San Barnaba. Originariamente era senza parapetto ed era destinato alla Guerra dei Pugni, che si svolgeva tra due fazioni: i Castellani di San Pietro di Castello e i Nicolotti di San Nicolò dei Mendicoli. Le due fazioni si sfidavano a pugni, inizialmente per gioco ma sfociava sempre in rissa coinvolgendo anche altre persone. Il gioco iniziava posizionandosi dove oggi sono presenti le impronte dei piedi in pietra d’Istria e l’obiettivo era gettare l’avversario in acqua. Gli scontri erano talmente violenti e talvolta mortali che il Doge li vietò e fece costruire le ringhiere in tutti i ponti.

Quadro raffigurante il ponte dei pugni
Barca del fruttivendolo adiacente al ponte

E’ situata nell’omonimo Campo a nord di Campo Santa Margherita. San Pantaleone di Nicomedia era un medico martirizzato durante le persecuzioni di Diocleziano nel IV secolo.  Da osservare la grandiosità del dipinto ad olio sul soffitto ad opera di Giovanni Antonio Fumiani, composta da una sessantina di pannelli in cui sono rappresentati tutti i martiri di San Pantaleone.

Opera di Banksy a San Pantalon
Scorcio vicino a Campo San Pantalon