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E’ un’opera in porfido rosso del medio oriente raffiguranti quattro mori. Rappresenta i quattro tetrarchi: due Augusti e due Cesari (Massimiliano, Costanzo, Diocleziano e Valerio Severo), che si dividevano l’impero Romano d’Oriente e d’Occidente, tra III e IV secolo. Le figure si abbracciano, simboleggiando così la vicinanza tra i Cesari e gli Augusti, che doveva garantire il pacifico governo dell’impero. Il gruppo proviene da Costantinopoli e saccheggiato dai veneziani nel 1204 durante la Quarta Crociata.

Potete notare il piede mancante e ricostruito in pietra d’Istria, di cui si ignorava il motivo. Incredibilmente, nel 1965 a Istanbul e dopo 750 anni, è stato ritrovato il piede mancante. Oggi è conservato nel Museo Archeologico di Istanbul.

Ma la leggenda veneziana riporta che sono quattro saraceni, denominati “mori” che tentarono di rubare il tesoro di San Marco (oltre il muro c’è la stanza del tesoro di San marco) e, dopo giustiziati, vennero rappresentati come monito di altri malintenzionati. Per questo motivo sono chiamati i “quattro Mori custodi del tesoro di San Marco

Calle Varisco, con i 53cm di larghezza è la calle più stretta di Venezia. Si trova vicino a San Cancian, nel Sestiere di Cannaregio. Trovarla non è facile e non è di passaggio. Si trova abbastanza vicino a Campo San Cancian e si affaccia sul rio dei SS. Apostoli, indicativamente a metà strada tra il ponte di Rialto e le Fondamenta Nove. E’ lunga circa 20 metri ed è introdotta da una colonna dorica.

Nel campo del Ghetto nuovo, sotto il portico, è presente una insegna antica del “Banco Rosso”, che identifica il luogo dove avvenivano prestiti di denaro ai commercianti, famiglie e talvolta anche governi. Attività permessa dalla religione Ebraica ma non dalla Cristiana.

Anticamente i Banco Pegni erano tre, identificati dal colore delle ricevute che rilasciavano (Banco Rosso, Banco Verde e Banco Bianco). In quegli anni è nata l’espressione essere “in rosso” o essere “al verde”, identificando una difficoltà finanziaria.

Durante la Repubblica Serenissima le tre aste presenti in Piazza San Marco rappresentavano i tre regni conquistati dalla Repubblica: CIPRO (veneziana dal 1498 al 1571 per il matrimonio tra Caterina Cornaro e Lusignano re di Cipro), CANDIA (attuale Creta, colonia veneziana dal 1204 al 1648) e la MOREA (attuale Peloponneso, colonia veneziana dal 1685 al 1715). Oggi con la Repubblica Italiana sventolano le bandiera di Venezia, dell’Italia e della comunità Europea.

Il condottiero Bartolomeo Colleoni, mecenate per vari eserciti, si affiliò all’esercito della  Repubblica Serenissima nel 1455, periodo fortunatamente non bellicoso e che lo ha visto partecipare ad una sola battaglia. Morì nel 1475  lasciando 700.000 ducati in testamento alla Repubblica, ma ad una sola condizione: il monumento celebrativo doveva sorgere nella piazza di fronte a San Marco, pensando unicamente alla Piazza San Marco.

Proposta inaccettabile per il doge e i patrizi veneziani che, credendo nello spirito della repubblica, non volevano celebrazioni personali, in particolare per i non veneziani. La Repubblica Serenissima con una escamotage aggirò il problema, innalzando una statua equestre non davanti alla Basilica di San Marco, ma di fronte alla Scuola di San Marco, pretendendo così di incassare il cospicuo lascito. Ancora oggi si trova frontalmente alla Scuola Grande di San marco e all’Ospedale Civile, in Campi SS.Giovanni e Paolo.

Nella sala del Maggior Consiglio del palazzo Ducale, appena sotto il soffitto sono raffigurati settantasei dogi della storia veneziana, i dogi successivi sono collocati nella sala dello Scrutinio. In ogni fregio sono riportate le opere più importanti del doge raffigurato. Se fate attenzione un ritratto è coperto da un drappo nero, è quello del doge Marin Faliero, reo di essere un traditore dello Stato per aver tentato un colpo di Stato nel 1355.

Se guardate dalla piazzetta verso il Palazzo Ducale, noterete che la nona e la decima colonna della loggia del primo piano non sono bianche come le altre colonne (pietra d’Istria) ma di marmo rosa di Verona.

Serve a identificare il luogo dove il Doge annunciava le sentenze di morte o decreti o parlava al popolo veneziano. Qui venivano anche presentati al popolo i nuovi dogi immediatamente dopo gli scrutini, che avvenivano nelle sale adiacenti.

L’ultimo atto fu la comunicazione dell’ultimo Doge Ludovico Manin (chiamato “El Furlan” – il friulano) di resa alle truppe Napoleoniche, ormai alle porte. Decisione non accolta bene da tutti i Veneziani per la resa senza combattere.

Nel 1470 tra le due colonne fu ucciso il nobiluomo Bartolomeo Memmo, colpevole di aver cospirato contro il doge Cristoforo Moro.

L’isola di Burano è famosissima per le case colorate ed è un appuntamento da non perdere. E’ un’isola nell’estremo nord della laguna, fondata dai cittadini dell’antica città romana di Altino, che per sfuggire dalle invasione barbariche si rifugiarono nelle isolette a nord, costruendo palafitte con canne e fango. E’ una zona particolarmente nebbiosa e nelle giornate con la nebbia fitta l’isola di Burano non era facilmente reperibile dai suoi cittadini, famosi pescatori. Le casa dipinte con colori vivaci permette ai pescatori di riconoscere la proprie abitazioni da lontano e, in particolare, nelle giornate di nebbia intensa. Nel frattempo le mogli, per aspettare il ritorno dei “barcaroli”, passavano il tempo a fare i merletti per poi rivenderli ai nobili.

La Torre dell’Orologio fu edificata fra il 1496 e il 1499 ed era considerata un concentrato di ingegneria meccanica, eseguita da due maestri orologiai di Reggio Emilia, rimasti successivamente come custodi e manutentori dell’orologio.

Sotto i Mori è presente il leone alato su un fondo di cielo stellato. Potete notare che non è posizionato in centro in quanto in origine c’era la statua del Doge Barbarigo, successivamente distrutta da Napoleone.

La parte sottostante è composta da tre anelli: un anello esterno che contiene i segni zodiacali e le costellazioni, i nomi dei mesi, e i giorni; un anello di mezzo ha la lancetta delle ore a forma di Sole con raggiera dorata; un anello più interno contiene la Luna con delle stelle dorate. La terra è fissa al centro. La Luna ruota su sé stessa e gira anche intorno alla Terra. Nei giorni dell’Epifania e dell’Ascensione c’è un meccanismo che consente la processione dei Re Magi e l’Angelo che annunciano la nascita di Gesù.

All’interno è ancora visibile l’appartamento del custode e manutentore, abitato fino al XX secolo.

E’ una statua raffigurante un uomo inginocchiato che sorregge la scala per accedere ad un piccolo palco, luogo dove venivano annunciati i “Bandi”, cioè le notizie ufficiali della Repubblica Serenissima, come Decreti e Sentenze. La colonna mozzata, denominata pietra del bando, è di roccia granitica proveniente dal Medio Oriente. L’uomo inginocchiato è chiamato dai veneziani il gobbo di San Giacometto.

Il gobbo si trova a Campo San Giacometto, ai presso di rialto.

La fabbrica di Tessuti FORTUNY, dove si creano tessuti dal 1919 e oggi è ancora attiva. Mariano Fortuny, artista e stilista spagnolo, fu l’inventore di uno speciale sistema per la decorazione e la doratura solida su seta e velluto. La fabbrica, fondata su un precedente stabilimento che produceva pece, fu ampliata nel 1927 con l’aggiunta di un piano e l’anno seguente fu allungata per creare il salone di stampaggio dei tessuti.
Sullo sfondo il MULINO STUCKY, costruito tra il 1884 e il 1895 per iniziativa dello Svizzero Giovanni Stucky- Uno dei maggiori esempi di architettura neogotica applicata ad un edificio industriale. Il mulino dava lavoro a millecinquecento operai ed era in grado di macinare, nel periodo di maggiore funzionalità, 2.500 quintali di farina al giorno.

San Teodoro (San Todaro per i veneziani) è il primo patrono di Venezia, prima di San Marco, e la statua raffigurata si trovava sulla sommità in una delle due colonne in Piazzetta (l’altra è San marco). È un insieme di frammenti di altre statue, la testa è di origine romana (sembra essere l’Imperatore Costantino), il busto di un altro imperatore romano (probabilmente l’Imperatore Adriano), mentre il drago e le altri parti furono aggiunti nel trecento. Il drago richiama San Giorgio, legato alla protezione degli impaludamenti e alla salubrità dell’aria.

E’ una colonna mozzata costituita da roccia granitica proveniente dal Medio Oriente. Si trova nel lato sud della basilica e serviva per la lettura di Decreti e Leggi o Condanne a morte. Si trova vicino alla Porta di Carta, dove venivano affissi i Decreti letti al popolo della Serenissima.

E’ famosa anche per aver fermato l’avanzata dei detriti derivanti dal crollo del campanile di San Marco nel 1902, evitando danni irreparabili alla Basilica.

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Era il Palazzo che sovraintendeva l’erario indotto dal commercio della Repubblica ed è stato edificato nell’anno 1525. A piano terra sono visibili le prigioni per gli evasori fiscali, come testimoniato dal toponimo Fondamenta de la prision.

Ad ogni fine mandato, era tradizione che ciascun magistrato lasciasse un ricordo per arricchire il palazzo, spesso con profilo religioso in cui potevano anche apparire i magistrati stessi.

A distanza di secoli, il Palazzo ha la medesima funzione ed è la sede della Corte dei Conti dello Stato Italiano.  A testimonianza dell’importanza commerciale e finanziaria di Rialto, la Repubblica Serenissima nel XII secolo ha istituito la prima banca statale d’Europa.

Il palazzo dei Camerlenghi si trova ai piedi del ponte di Rialto.

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Dipinto a olio di Paolo Veronese, anno 1573Su.
Dimensioni: 5,55metri x 13metri
In origine il dipinto era nel refettorio del grande convento domenicano dei Santi Giovanni e Paolo (attuale Ospedale Civile di Venezia) ma le truppe Napoleoniche, chiudendo numerosi luoghi di culto e non riuscendo a trasportare tutte le opere in Francia, le depositarono alla attuale Gallerie dell’Accademia.
L’opera toglie il fiato dalle dimensioni e rappresenta l’ULTIMA CENA DI GESÙ in un antico e sfarzoso palazzo, sollevando le ire degli ecclesiastici per la presenza di buffoni, ubriaconi, nani, ecc.

E’ situata nel sestiere di Castello a nord-est di Venezia e fu edificata nell’anno 820 per volontà del vescovo di Olivolo, assumendo la sede del Patriarcato nel XV secolo, dopo la soppressione del Patriarcato di Grado.

Ecco alcune curiosità legate alla basilica:

  • Fu la sede del Patriarca con nomina Papale fino al 1807. Con l’arrivo delle truppe francesi e la caduta della Repubblica di Venezia, Napoleone e con l’appoggio del Vaticano, trasferirono la sede patriarcale a San Marco, fino ad allora era la basilica di Stato e il suo massimo rappresentante era indicato dal Doge.
  • La Basilica, con la facciata progettata a Palladio, non è molto ricca e sfarzosa all’interno, ma all’interno presenta la cattedra di San Pietro, seduta in pietra ricavata da un’antica stele funeraria islamica, con motivi decorativi arabi e versetti del Corano. Secondo antiche storie era la seduta dell’Apostolo. Sempre all’interno sono conservate le spoglie del primo Patriarca di Venezia San Lorenzo Giustiniani
  • Sul selciato esterno tra la basilica e il ponte costituito da masegni, risalta una pietra bianca. Secondo la leggenda indica il punto d’incontro del doge e del patriarca di Venezia, segnando la divisione tra il potere della Repubblica Serenissima e il Papato, rispettando le istituzioni che essi rappresentavano.

25 APRILE – STORIA DEL BOCOLO DI SAN MARCO

A Venezia il giorno 25 Aprile si festeggia il Patrono San Marco ed è la ricorrenza del “bocolo”, rosa rossa che i veneziani regalano alle proprie amate. La ricorrenza del bocolo è dovuta ad un antico e leggendario amore risalente ai tempi di Carlo Magno e dei Paladini di Francia.

Maria, della nobile famiglia dei Partecipazio, amava Tancredi, un cantastorie che per amore e per avere la mano dell’amata aveva deciso di arruolarsi nell’esercito dei paladini di Carlo Magno. A seguito di un combattimento, dopo essere stato ferito a morte, Tancredi prese un bocciolo di rosa e lo bagnò con il suo stesso sangue, chiedendo al suo compagno d’armi Orlando di consegnarlo alla sua amata Maria. Ricevuto il dono da Tancredi, Maria si ritirò nelle sue stanze e quel bocciolo rosso sangue non invecchiò mai.

Era il giorno 25 aprile.

Da allora tutti gli uomini offrono alla loro donna il bòcolo nel giorno di San Marco, simbolo dell’amore eterno.