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La trecentesca Basilica dei Santi Giovanni e Paolo, San Zanipoło per i  veneziani, è uno degli edifici medievali religiosi più imponenti ed importanti di Venezia, di pari livello alla Basilica di Santa Maria Gloriosa dei Frari.  Viene considerata il Pantheon di Venezia, grazie al gran numero dei dogi veneziani e altre persone illustre che hanno scritto la storia della Serenissima sepolte all’interno.

Secondo la leggenda il doge Jacopo Tiepolo donò nel XIII secolo l’oratorio di San Daniele ai frati Domenicani, che cominciarono a costruire la basilica e la dedicarono ai martiri romani del IV secolo: Giovanni e Paolo.

Nei secoli la basilica fu continuamente arricchita di monumenti sepolcrali, dipinti e sculture opera dei maggiori artisti veneziani, finché Napoleone allontanò i Domenicani, trasformando l’intera area del convento in Ospedale, tuttora esistente e funzionante, e trafugando numerose opere d’arte. 

A fianco della porta principale, presente nella facciata gotica e costituita da mattoni, si notano i sepolcri del doge Tiepolo e di suo figlio, ampiamente alterate a seguito della congiura di un suo discendente. Nelle nicchie sono presenti le effigi dei tre santi domenicani maggiori: al centro è san Domenico, a sinistra è san Pietro martire con gli evangelisti e l’aquila di Giovanni, a destra è san Tommaso d’Aquino con quattro dottori della chiesa e il leone di san Marco.

L’interno della chiesa è semplice ma di dimensioni notevoli, con ben 101m di lunghezza, 45m di larghezza nel transetto, 32m di altezza. La pianta è a croce latina e tre navate, dove riposano circa 25 dogi e numerosi personaggi importanti per la storia di Venezia.

La intera controfacciata è occupata da monumenti della famiglia Mocenigo con al centro, sopra il portale, il monumento del doge Alvise I Mocenigo e della moglie Loredana Marcello, il monumento funebre al doge Pietro Mocenigo e il doge Giovanni Mocenigo. Sul pavimento si trovano le lapidi dei dogi Alvise I, Alvise III Sebastiano, Alvise IV Giovanni Mocenigo. Ultimo è il monumento del doge Pietro Mocenigo.

Nella navata destra si trovano l’urna del doge Renier Zen, il monumento a Marcantonio Bragadin, eroe veneziano scorticato vivo dai turchi dopo la presa di Famagosta, l’altare dedicato al domenicano spagnolo San Vincenzo Ferrer, il monumento al senatore Luigi Michel, il mausoleo Valier dove si trovano le statue del doge Bertuccio, del doge Silvestro e della moglie  dogaressa Elisabetta Querini. 

Nel Presbiterio si trovano altissimi finestroni gotici, splendidamente illuminati specialmente nelle ore mattutine, è scandito con lo stemma della Scuola Grande di San Marco, che qui si riuniva. Nella parete di destra si trovano il monumento al doge Michele Morosini, monumento al doge Leonardo Loredan, al centro è il grandioso altare maggiore, il monumento funebre del doge Andrea Vendramin, il monumento al doge Marco Corner.

Nella parete sinistra si trovano rispettivamente il monumento quattrocentesco al doge Antonio Venier con la moglie la dogaressa Agnese da Mosto, la statua bronzea del generale da mar e doge Sebastiano Venier, vincitore di Lepanto. Successivamente troverete il portale della sacrestia sormontato dal monumento funebre che Palma il Giovane eresse per sé, lo zio Palma il Vecchio ed il maestro Tiziano, il monumento al doge Pasquale Malipiero, i monumenti al doge Michele Steno e ad Alvise Trevisan, il monumento al doge Tommaso Mocenigo, il monumento al doge Nicolò Marcello, il recente monumento ai patrioti fratelli Bandiera e Domenico Moro, le cui salme, nel 1867, furono qui traslate dal Duomo di Cosenza, città in cui avevano subito la fucilazione insieme ad altri sei compagni nel 1844.

Nella parete sinistra si trovano rispettivamente il monumento quattrocentesco al doge Antonio Venier con la moglie la dogaressa Agnese da Mosto, la statua bronzea del generale da mar e doge Sebastiano Venier, vincitore di Lepanto. Successivamente troverete il portale della sacrestia sormontato dal monumento funebre che Palma il Giovane eresse per sé, lo zio Palma il Vecchio ed il maestro Tiziano, il monumento al doge Pasquale Malipiero, i monumenti al doge Michele Steno e ad Alvise Trevisan, il monumento al doge Tommaso Mocenigo, il monumento al doge Nicolò Marcello, il recente monumento ai patrioti fratelli Bandiera e Domenico Moro, le cui salme, nel 1867, furono qui traslate dal Duomo di Cosenza, città in cui avevano subito la fucilazione insieme ad altri sei compagni nel 1844.

Pantheon veneziano: una visita all’interno della Chiesa per scoprire la storia delle famiglie patrizie veneziane

Al centro del campo Santi Giovanni e Paolo sorge il Monumento equestre a Bartolomeo Colleoni,  statua di bronzo di quasi 4 metri di altezza e realizzata tra il 1480 e il 1488 da Andrea del Verrocchio..

Nel 1488, a lavoro non terminato, lo scultore Verrocchio morì e la Repubblica Serenissima affidò il compimento dell’opera all’artista veneziano Alessandro Leopardi, tano che fu soprannominato “del cavallo”.

La particolarità della statua è la statica. La figura ricorda molto la statua di Gattamelata a Padova, di Marco Aurelio e i cavalli di San Marco, ma fu la prima scultura di bronzo poggiata su tre zampe con il cavallo al passo.  Era necessario attendere il XVII secolo per vedere il cavallo poggiato su due zampe (Monumento equestre a Filippo IV  a Madrid).

Testamento del condottiero: Il condottiero Bartolomeo Colleoni, mecenate per vari eserciti, si affiliò all’esercito della  Repubblica Serenissima nel 1455, periodo fortunatamente non bellicoso e che lo ha visto partecipare ad una sola battaglia. Morì nel 1475  lasciando 700.000 ducati in testamento alla Repubblica, ma ad una sola condizione: il monumento celebrativo doveva sorgere nella piazza di fronte a San Marco, pensando unicamente alla Piazza San Marco. Proposta inaccettabile per il doge e i patrizi veneziani che, credendo nello spirito della repubblica, non volevano celebrazioni personali. Con una escamotage il problema fu aggirato innalzando una statua equestre non davanti alla Basilica di San Marco , ma di fronte alla Scuola di San Marco, pretendendo così di incassare il cospicuo lascito.

La Scuola Grande di San Marco fu fondata nel 1260 con il nome di Scuola dei Battuti. Ricevette l’onore di essere chiamata Grande e con il nome del Patrono nel 1437.

Si accese entrando nell’Ospedale Civile di Venezia e salendolo scalone. Nella sala Capitolare è presente un ciclo di sei teleri dedicato ad episodi della vita di San Marco con opere di Tintoretto, Gentile e Giovanni Bellini, Jacopo Palma il Vecchio, Palma il Giovane ecc

Nella biblioteca medica sono presenti oltre 8000 volumi di medicina, con manoscritti antichi ad opera di Ippocrate, Galeno, Plinio, Girolamo Fracastoro padre della moderna patologia, Falloppio, l’Orlando Furioso di Ludovico Ariosto, Marsilio Ficino, il Dictionarum Medicum di Estienne, gli scritti di chirurgia di Iacopo Berengario, ecc.

Farmacia dell’Ospedale: accessibile direttamente dal Campo si trova l’antica Farmacia con i suoi arredi lignei ottocenteschi, risalente al periodo in cui Napoleone prese possesso di questi spazi per farne un ospedale militare. Qui troverete antichi strumenti per il laboratorio galenico e ceramiche per la conservazione delle materie prime vegetali.

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La chiesa è collegata da un blocco dell’Ospedale Civile e il nome originario è Santa Maria dei Derelitti. E’ opera dell’architetto Longhena e in passato forniva assistenza ai contadini disperati che negli anni fuggivano dalla terraferma per la scarsità del raccolto.

Passate per Ponte dei Conzafeldi e ammirate il palazzo bagnato su tre lati dai canali e fate una visita alla famosissima “Libreria Acqua Alta”.

Palazzo circondato da canale i

Libreria “Acqua alta”

Visita Dogale: ai tempi della Serenissima era tradizione che una volta l’anno il Doge si recasse in preghiera in questa chiesa, nel giorno della Purificazione di Maria, per ricordare la liberazione da parte dei parrocchiani della Scuola dei Casseleri di dodici fanciulle rapite dai pirati slavi. Oggi si festeggia l’evento popolare denominato Festa delle Marie.

Pinacoteca Querini Stampalia: E’ situata sul lato sud del Campo Santa Maria Formosa, dopo aver attraversato una passerella su un stretto canale. L’edificio fu commissariato dalla famiglia Querini nel XVI secolo, al ritorno dall’isola greca di Stampalia, dove si erano rifugiati a seguito della congiura di Bajamonte Tiepolo nel 1310. Nel 1869, alla morte dell’ultimo membro della famiglia:  Giovanni Querini Stampalia, il Palazzo diventa sede della Fondazione da lui voluta. Al primo piano è allestita la  biblioteca, mentre al piano nobile il Museo dove dipinti, arredi, porcellane, sculture e oggetti d’arte danno testimonianza della dimora storica della nobile famiglia veneziana. Un’ulteriore riqualificazione della sede è stata possibile grazie agli interventi contemporanei degli architetti Carlo Scarpa (padre dell’architettura moderna), Valeriano Pastor e Mario Botta.

Uno dei palazzi più affascinanti di Venezia è il Palazzo Grimani, dimora di una delle più importanti famiglie del patriziato veneziano. Venne acquistato a fine Quattrocento da Grimani, eletto doge nel 1521.

Il palazzo divenne statale nel 1981 che ha restaurato l’edificio, riportandolo allo splendore di un tempo. Attualmente è sede di museo con collezioni che meritano una sosta e con stanze residenziali degnamente restaurate. Da non perdere la Tribuna nota come Antiquarium, che custodiva più di centotrenta sculture antiche, fra le più pregiate della raccolta. Questo spazio straordinario è illuminato dall’alto ed ispirato al Pantheon. La scultura con il Ratto di Ganimede, appesa al centro della sala, è una replica romana di un modello tardo ellenistico ed è stata ricollocata nella sua posizione originaria dopo il restauro del palazzo.

E’ una delle più antiche di Venezia, risalendo al VI secolo. E’ famosa per aver custodito il corpo di Marco Polo fino al XVI secolo ma attualmente è chiusa in attesa di restauro.

Il suo nome deriva dall’antica presenza della vigna del patrizio veneto Marco Ziani, che alla sua morte (anno 1253) lasciò nel suo testamento il terreno ai Frati Minori.

Secondo la tradizione in questo terreno risiedeva l’evangelista San Marco, il quale durante la tempesta gli era apparso un angelo pronunciando le parole Pax tibi Marce Evangelista meus (motto della Serenissima) e profetizzandogli la futura fondazione della città di Venezia. In quegli anni e i quel terreno si costruì la prima chiesa dedicata all’Evangelista. Nella prima metà del ‘500 la chiesa originale venne demolita per essere ricostruita su progetto di J. Sansovino, ma la facciata in stile rinascimentale è opera di Andrea Palladio. L’interno della chiesa è opera del frate Francesco Zorzi , che ha migliorato le proporzioni, ispirandosi all’opera della Divina sapienza.

La chiesa era talmente importante nella vita veneziana, che molte famiglie si costruirono le cappelle di famiglia, tra queste: fam. Contarini con la sepoltura di un paio di dogi, Fam. Gritti con la tomba del Doge Andrea Gritti, fam. Giustinian, fam. Badoer, Fam. Barbaro, ecc. La biblioteca del convento (XIII secolo) possiede un patrimonio librario di circa 30.000 volumi antichi e di un fondo moderno di circa 80.000 opere.

Proporzioni e simbologia della chiesa: tutte le misure della Chiesa sono una combinazione dei numeri 3 (la divina perfezione) e 2 (l’imperfezione umana) a seconda di ciò che si vuol rappresentare. La chiesa riporta antiche misure veneziane che rappresentano la lunghezza: i “piedi”, che corrispondono a 35,09cm. Gli interni progettati dal frate Zorzi ha una lunghezza pari a 3 volte la larghezza: 27 piedi (3×9) piedi di lunghezza per 9 (3×3) piedi di larghezza. Le cappelle laterali sono larghe 3 piedi e la cappella dietro l’altare è 6 piedi di larghezza per 9 di lunghezza. Altra caratteristica del progetto è che il numero 3 ricorda le note fondamentali della tradizione musicale pitagorica (Do, Sol, Mi) che esprimono lo Spirito Santo (Do – Corpo – lunghezza della navata), il Figlio (Mi – l’Anima – la larghezza delle cappelle laterali) ed infine il Padre (Sol – lo Spirito – l’altezza della cappella dietro il coro).

E’ al centro della zona anticamente abitata dalla Comunità Greca, che si stabilì dal secolo XI dopo la battaglie di Venezia con Costantinopoli. Il popolo greco e cretese erano dediti alle stampe e alle icone bizantine, facendosi apprezzare ed integrandosi con i veneziani. La chiesa è riconoscibile per il campanile pendente ed è stata progettata nel XVI secolo da Sante Lombardo. All’interno sono presenti delle testimonianza bizantine  del XII secolo e elementi architettonici di origine ortodosso. In questa zona è tuttora presente il Centro Ellenico per gli studi bizantini e post-bizantini, con alcuni testi greci.

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E’ situata vicino a Piazza san Marco e Riva degli schiavoni ed è dedicata a Zaccaria, padre di Giovanni Battista. Fondata nel IX secolo, periodo nel quale venne costruito il primo edificio per accogliere i resti di Zaccaria che erano stati donati dall’imperatore bizantino Leone V l’Armeno alla città di Venezia per rafforzarne l’amicizia. Nell’anno 1105 un terribile incendio distrusse la chiesa e l’annesso monastero delle Benedettine, in cui perirono un centinaio di monache che si erano rifugiate nella cripta. Nel XV secolo furono iniziati i restauri per la costruzione della nuova chiesa di San Zaccaria, con un misto di stili tra il gotico e rinascimentale. La chiesa è l’insieme di due chiese adiacenti: “chiesa nuova” e la “chiesa vecchia”, che include la bellissima cripta e la cappella maggiore di San Tarasio

Cripta: La cripta fu realizzata fra il X e il XI secolo a somiglianza di quella di San Marco, divisa in tre navate con due file di colonnine che sostengono volte a crociera. E’ presente solamente un altare in marmo sormontato da una scultura della Madonna, non sono presenti arredi o decorazioni. In tale luogo erano ospitate le tombe di otto tra i dogi dei primi secoli della Repubblica e la tomba di san Zaccaria.

L’ambiente si trova al di sotto del livello medio del mare, per cui per gran parte dell’anno è presente acqua al suo interno o comunque molta umidità. Durante l’acqua alta la cripta diventa inagibile.

La riva degli Schiavoni è la riva più frequentata dai turisti e il luogo migliore per ammirare il bacino San Marco.  Si estende dal Palazzo Ducale a Ca’ di Dio. Il suo nome deriva dai mercanti della Dalmazia, che ai tempi della Serenissima erano chiamata Slavonia o Schiavonia. Un’altra origine sembra essere che in questa zona era dovuta al traffico di schiavi provenienti dalla Grecia, Russia, Turchia e successivamente dall’Africa.

Negli antichi dipinti si può notare che la riva era molto stretta e nei secoli ha subito un ampliamento, di cui l’ultimo a fine 1700. Seguirono successivamente numerosi edifici e numerosi ambulanti dediti al commercio, tra cui degno di nota il Palazzo delle Prigioni Nuove, la chiesa della Pietà a cui faceva capo la scuola in cui Antonio Vivaldi componeva ed eseguiva le sue musiche. La chiesa è collocata dietro il monumento al re Vittorio Emanuele II, e spesso passa inosservata. Era la chiesa che Vivaldi frequentava e lavorò come violinista e successivamente come direttore del coro. Qui ha composto numerose opere e spesso viene ricordato con concerti sulle musiche de Le quattro stagioni.

Edifici lungo la riva: fino a metà del 900 era vietato costruire le case in pietra e dovevano essere solo ad un piano e in legno. Questo è dovuto all’attentato al doge Michiel mentre si stava recando alla chiesa di San Zaccaria. La prima abitazione in pietra fu Palazzo Dandolo, ora Hotel Danieli (1948).

Tramonto: passeggiate lungo la riva e attendete il tramonto con il sole che si nasconde dietro le case veneziane

Uno dei siti più emblematici della potenza navale, economica e militare di Venezia è l’Arsenale, vasto complesso di cantieri navali in cui si costruivano le flotte della Serenissima in cui nei periodi di piena attività vi lavoravano fino a 2.000 lavoratori al giorno.

Il suo nome deriva dalla parola araba darsin’a  (luogo deputato alla costruzione delle navi), indice dei stretti legami tra Venezia e il mondo orientale.

La storia di Venezia si lega all’arte marittima e alla capacità di produrre barche con caratteristiche adattibili alle proprie esigenze (a fondo piatto per la laguna e massicce per la galee da guerra). La produzione venne centralizzata in questa zona strategica, adiacente alla laguna e al mare. Un incremento della produzione navale si ebbe nel 1300 quando la Repubblica cominciò a produrre per se stessa e per le 300 compagnie di navigazione le galee e le grandi navi mercantili. Nel XV secolo arrivò ad ospitare anche 3000 imbarcazioni da più di 200 tonnellate.

Nella zona dell’arsenale erano presenti molti edifici, ognuno adibito ad una specifica attività o produzione, c’erano fabbriche per le corde, depositi di legname, di carbone, di attrezzature, di munizioni, vele, gomene, ecc. e dava lavoro a circa 16.000 veneziani. Alla massima produzione e grazie alla perfetta organizzazione del lavoro, era sufficiente solo un giorno per produrre una nave da guerra.

Con l’apertura di nuove rotte di navigazione, che aprirono ed espansero nuovi commerci che potenziarono nuove città e paesi, la potenza marittima di Venezia e dell’arsenale cominciarono a vacillare. Nel XVI secolo le spedizioni commerciali verso l’oriente si dimezzarono, portando Venezia verso il declino.

Nel 1797, con l’entrata di Napoleone in città, ci fu la confisca completa di tutta la flotta navale, fu affondato l’ultimo Bucintoro (la galea del Doge) e bruciarono i moli. L’arsenale riprese la sua produzione navale, seppur limitata, con il Regno d’Italia. Nel XX secolo diventò un centro logistico della Marina Militare e in parte destinato a sede dell’Esposizione della Biennale.

La porta d’ingresso dell’Arsenale è opera di Antonio Gambello (1460) che ha recuperato capitelli bizantini del XII secolo.

Dal 1980 l’Arsenale è diventato luogo espositivo della Biennale.

CORDERIE: Edificio costruito nel 1303 e poi rifatte tra nel XVI secolo su progetto di Antonio Da Ponte, le Corderie erano luoghi deputati alla costruzione di gomene, cavi e cordame utilizzati nelle navi. L’edificio misura 317 metri di lunghezza (quasi due volte la lunghezza di Piazza San Marco), 21 di larghezza con una altezza di circa 12 metri ed è composto da tre navate. Oggi è uno spazio espositivo straordinario per la Biennale.

SALE D’ARMI NORD E SUD: Vennero costruite circa nel 1460 ed erano destinate a deposito degli armamenti bellici della Repubblica Serenissima, oltre ad essere utilizzate a scopo di rappresentanza nelle visite di ospiti particolarmente illustri.

ARTIGLIERIE: Il lungo edificio delle Artiglierie, denominate anche Officine Arsenal di Terra, erano destinati alla produzione e conservazione di armi e munizioni. Qui vennero custoditi i 131 cannoni in bronzo facenti parte del bottino di guerra della Battaglia di Lepanto del 7 ottobre 1571.  

ISOLOTTO: E’ l’unico squero rimasto intatto di 18 esistenti nel periodo della Serenissima, è stato costruito alla fine del 1300 e affacciati rispettivamente nelle due Darsene esistenti all’epoca, denominate Nuova e Nuovissima.

GAGGIANDRE: sono due imponenti strutture posizionate sull’acqua realizzate tra il 1568 e il 1573 nella Darsena Novissima e adibite al ricovero delle barche senza struttura velica e albero. Per la sua particolarità è spesso uno spazio utilizzato per spettacoli teatrali e all’Esposizioni Internazionali d’Arte e alle Mostre Internazionali di Architettura.

TESE DELLE VERGINI:  È una struttura destinata a deposito del carbone. Attualmente, dopo il restauro del 2000, sono adibiti all’Esposizione della Biennale, ospitando il Padiglione Italia, Cina e altre attività.

Bottino di guerra: I leoni presenti all’ingresso non sono di produzione veneziana, ma sono stati tutti trafugati dai veneziani durante le guerre con l’Oriente. I due più grandi arrivano dal Pireo, gli altri sono più antichi e probabilmente sono originari dall’antica  Grecia

All’angolo del rio dell’Arsenale si trova il Museo Storico Navale, che occupa un edificio del XV secolo, anticamente adibito come “granaio” della Serenissima. La posizione era strategica per rifornire le navi in partenza per lunghi tragitti.

All’interno sono presenti una serie di modelli di imbarcazioni veneziane, tra cui: il Bucintoro, che era la galea di Stato; una galea da guerra, in uso fino al XVI secolo; una “galeazza”, galea di grandi dimensioni e di nuova concezione, che fu utilizzata per la guerra contro i Turchi a Lepanto (1571).

E’ presente anche una sala dedicata alla gondole, tra cui spicca quella appartenuta a Peggy Guggenheim, finanziatrice di mostre d’arte e celebre amante di Venezia.

Tra le opere di rilievo storico troviamo il monumento funebre dedicato a Angelo Emo, ultimo “Capitano da mar” della Marina veneziana, inventore di apparecchi bellici (es. la batteria galleggiante).

Probabilmente è uno dei primi isolotti abitati della laguna e nel 775 è stato assegnato il Vescovato sotto la giurisdizione del patriarca di Grado. Nel 1451 il Papa ha assegnato la sede del Primo Patriarca di Venezia con Lorenzo Giustiniani presso l’attuale Basilica di San Pietro di Castello, per trasferirsi successivamente nel 1807 nella Basilica di San Marco. 

La Basilica di San Pietro di Castello sorge al posto della più antica, andata distrutta da un incendio, è un’opera disegnata da Palladio, anche se non corrisponde fedelmente ai suoi progetti iniziali. 

  • Trono di San Pietro: è una seduta in marmo del XIII secolo con incisione del Corano.
  • Sede del Patriarca: la Basilica di San Pietro era la sede del Patriarca in quanto la Basilica di San Marco, molto più ricca di tesori, era gestita del Doge, supportato dai Procuratori. La suddivisione delle sedi religiose era segno di divisione delle cariche politiche da quelle ecclesiastiche.
  • Campanile: è visibilmente inclinato e l’unico presente costruito in pietra d’Istria.

Durante il periodo napoleonico ci furono dei grandi lavori di urbanistica, che però comportarono abbattimento di chiese, monasteri e conventi. Per la creazione dei giardini pubblici, giardini Garibaldi e Parco delle Rimembranze furono abbattuti almeno quattro conventi e parecchie chiese.

In questa zona si trova l’area destinata alla Biennale di Venezia, manifestazione di arte contemporanea tra le più importanti a livello mondiale e che si tiene tra maggio e novembre degli anni dispari. Alcuni padiglioni sono permanenti e rappresentano dei paesi già predeterminati.

L’isola di Sant’Elena è il limite orientale della città ed era anticamente destinata all’agricoltura e pascoli. Oggi è sede dello stadio di Calcio della squadra locale, della Scuola Navale Militare, della darsena.

Non sono presenti sito particolarmente rilevanti dal punto di vista storico, ma fermatevi al Parco delle Rimembranza e riposare, guardando il lento passaggio delle imbarcazioni.

  • Serra: Molto bella è la serra dei Giardini, attualmente utilizzata come caffetteria e centro culturale.
  • Punto panoramico: è possibile ammirare l’intero bacino San Marco, Lido, isola degli Armeni